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Mercati di sbocco
Soltanto 4 imprese del campione non esportano (tabella 95), ma mediamente le quote di fatturato export sono più contenute di quelle rilevate nel caso delle aziende toscane. I principali mercati di sbocco sono quelli dei paesi dell’Unione Europea. Tuttavia, anche in questo caso, come in Toscana, è elevata la quota di imprese che esporta verso mercati asiatici, in particolare, verso il Giappone. Va sottolineato, inoltre, che gli attuali mercati di destinazione delle esportazioni vengono generalmente ritenuti quelli più dinamici e, conseguentemente, più “appetibili” anche per il prossimo futuro. A livello settoriale in quasi tutte le imprese del campione, indipendentemente dal settore merceologico di appartenenza, le quote di fatturato export sono rimaste per lo più invariate nel corso dell’ultimo triennio (l’unica eccezione è forse costituita dal settore delle calzature, in cui 2 imprese su 3 hanno incrementato la propria presenza sui mercati esteri, tabella 96). Da segnalare, inoltre, che le imprese analizzate producono prevalentemente per fasce di mercato medio-alte o alte (tabella 97 e 98). Ciò le pone al riparo dalla concorrenza dei paesi a più basso costo del lavoro sul mercato interno, ma non su quelli esteri dove viene comunque considerata temibile, anche se meno di quanto abbiano dichiarato le imprese toscane, la concorrenza dei paesi asiatici e di quelli dell’Europa dell’Est (tabella 99 e 100) . Tabella 94. Imprese lombarde del campione competitività per quote di fatturato esportato nel 1996 Tabella 95. Andamento del fatturato esportato 1994/96 dalle imprese lombarde del campione competitività Tabella 97. Imprese lombarde del campione competitività per fascia di mercato (mercato estero) * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 99. Principali concorrenti delle imprese lombarde del campione competitività sui mercati nazionali* * La domanda prevedeva risposte multiple Un’ultima considerazione va fatta, infine, relativamente ai canali distributivi utilizzati per le vendite sul mercato interno e su quelli esteri (Tabelle 101 e 102). Premesso che nessuna impresa ha propri punti vendita all’estero e che nove aziende hanno invece punti vendita in Italia, l’elemento più rilevante da sottolineare è costituito dal fatto che, sia in Italia che all’estero, il canale distributivo prevalente è quello dei negozi indipendenti. La frammentazione delle vendite che ne risulta impone un grosso sforzo organizzativo e commerciale, solitamente affrontato anche tramite l’impiego di un numero consistente di agenti e rappresentanti plurimandatari. Specularmente, tuttavia, tale frammentazione fa sì che, sia in Italia che all’estero, il grado di dipendenza dai primi 5 clienti risulti complessivamente contenuto. Tabella 100. Canali distributivi utilizzate dalle imprese lombarde del campione competitività sul mercato interno* * La domanda prevedeva risposte multiple * La domanda prevedeva risposte multiple La spesa pubblicitaria Il miglioramento della qualità dei prodotti e del rapporto prezzo/qualità viene ritenuta, insieme all’ampliamento della gamma, la strategia migliore per consolidare la propria posizione sul mercato nazionale e aumentare la propria capacità di penetrazione sui mercati esteri. Specularmente, viene invece attribuita poca importanza alle azioni pubblicitarie. Tuttavia, va sottolineato che, negli ultimi tre anni, l’investimento pubblicitario è stato particolarmente consistente, anche se soprattutto con riferimento al mercato nazionale (tabella 103) e indirizzato per lo più alla realizzazione di cataloghi e alla partecipazione a fiere (Mipel, Micam, Mifur, Pitti Uomo, in Italia; Sil, New York e Bruxelles, all’estero). Tabella 102. Spesa pubblicitaria delle imprese lombarde del campione competitività in Italia e all’estero (ultimi 3 anni)* * La domanda prevedeva risposte multiple Fattori competitivi In analogia a quanto visto per la Toscana nella tabella 104 sono riportati i punteggi medi attribuiti dalle imprese intervistate ad una serie di fattori competitivi che riguardano il prodotto, il prezzo di vendita, il servizio e la comunicazione. Dalla lettura dei dati riportati in tabella, emerge che: 1. le imprese intervistate individuano nella qualità del prodotto, nel design, nella flessibilità produttiva e nel rapporto prezzo/qualità i propri principali punti di forza e, a differenza di quanto dichiarano le imprese toscane, rispetto a questi stessi fattori competitivi non si ritengono inferiori né ai concorrenti locali, nè, in generale, a quelli italiani; 2. ai concorrenti locali viene riconosciuta una priorità relativa solo in termini si sconti praticati, tempi di consegna e forme di promozione attivate; 3. la superiorità dei concorrenti nazionali si esplica essenzialmente in termini di gamma di prodotti offerti, innovazioni di prodotto, prezzi e tempi di consegna; 4. i concorrenti esteri sono considerati competitivi soprattutto per i prezzi praticati, i tempi di consegna e gli investimenti realizzati in alcune azioni di comunicazione; 5. i vantaggi percepiti dalle imprese analizzate, cioè i fattori in cui le imprese totalizzano punteggi relativi maggiori di quelli di tutti i loro concorrenti (locali, nazionali e stranieri) sono collegati, come in Toscana (oltre che al design, alla qualità del prodotto, alla flessibilità produttiva e al rapporto qualità/prezzo), all’organizzazione della produzione e alla conseguente capacità di evadere commesse specifiche, anche per piccoli lotti, alle dilazioni di pagamento concesse ai clienti. A differenza che in Toscana, vengono però segnalati tra i principali fattori competitivi anche elementi connessi alla commercializzazione dei prodotti (organizzazione commerciale e distribuzione). Figura 8 Posizionamento delle aree secondo le leve del marketing mix
Tabella 103. Punteggio medio attribuito ai fattori competitivi dalle imprese lombarde del campione competitività Fonte: elaborazioni Ciriec. La domanda di lavoro Tabella 104. Addetti, assunti, uscite, turn-over, saldo: 1995-1996, imprese lombarde del campione lavoro Non solo la performance recente, ma anche le prospettive occupazionali sono completamente statiche. Il 78% delle imprese intervistate prevede di non assumere né ridurre personale: Le assunzioni previste nei prossimi due anni sono nel complesso appena 13, ovvero appena l’8% delle assunzioni effettuate nel corso del 1996. Tabella 105. Le assunzioni previste dalle imprese lombarde del campione lavoro Le motivazioni delle imprese che non assumono e non riducono sono legate essenzialmente ad una previsione di stabilità del fatturato (68% delle risposte). Il 25% preferisce esternalizzare certe funzioni piuttosto che modificare la propria struttura occupazionale, ad indicare forse uno spostamento verso il modello toscano, il restante 7,1% ritiene un risultato positivo riuscire a non ridurre il numero di addetti in momenti di crisi. Le forme contrattuali Nel corso degli ultimi due anni si è assistito ad una trasformazione delle forme contrattuali prevalenti meno marcata rispetto alla Toscana. In Lombardia la quota relativa alle assunzioni con contratto a tempo indeterminato è relativamente più alta; si fa un più elevato ricorso alla formazione lavoro, mentre il tempo determinato è meno utilizzato. Tabella 106. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese lombarde del campione lavoro(%) La manodopera impiegata è prevalentemente femminile: le donne rappresentano infatti il 66,3% degli addetti, il 68,5% degli assunti e il 50,5 % dei dismessi negli ultimi due anni. Addirittura più alta - 76,9% - la quota delle donne sulle assunzioni previste. Dal punto di vista del tipo di contratto si nota che anche in Lombardia le donne sono particolarmente presenti nel settore più debole del mercato del lavoro: esse rappresentano la quasi totalità dei dipendenti a domicilio e dei contratti part-time, ma sono solo il 50% degli addetti con contratto di formazione-lavoro. Figura 9. Dipendenti, assunti, assunzioni previste per tipo di contratto nelle imprese lombarde Fonte: elaborazioni Ciriec. Nel complesso la struttura per inquadramento contrattuale delle imprese intervistate è simile a quella Toscana, con le figure operaie che coprono l’80% del totale degli occupati. Rispetto alla Toscana è più alta la quota degli operai comuni (68,8% degli operai) e dei capi operai mentre è molto inferiore la quota degli operai specializzati. Come in Toscana è tra gli operai comuni che è polarizzata la presenza di manodopera femminile. Tabella 108. Dipendenti delle imprese lombarde del campione lavoro per inquadramento contrattuale e sesso(%) I titoli di studio L’analisi della struttura dell’occupazione e dei flussi per titolo di studio mette in luce la netta prevalenza dei titoli di studio più bassi, in modo del tutto analogo a quello riscontrato in Toscana. Nello stock si deve notare una minore presenza residua di addetti con la sola licenza elementare ed un più alto livello di laureati. Nei flussi si deve notare una maggiore presenza di addetti con il diploma ed una minore presenza di laureati. Figura 10. Addetti e assunti delle imprese lombarde del campione lavoro per titolo di studio Se si considerano i dati disaggregati per sesso e titolo di studio vi si nota un netto spostamento della manodopera femminile nelle classi con titolo di studio più basso, analogo a quello rilevato in Toscana. |
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