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i Introduzione
i.1 Il Progetto
i.2 Ricerca e monitoraggio
i.3 Schede monitoraggio aziende
1 La Formazione Professionale
1.1 Il profilo professionale del Progettista di Abbigliamento
1.2 Il percorso Formativo
1.3 Le competenze acquisite
1.4 Spendibilità nel mondo del lavoro
2 Progettazione
2.1 La modellistica industriale
2.2 La scheda tecnica
2.3 Controllo del prototipo e modifiche di un modello
2.4 Dati necessari per lo sviluppo di una gonna
2.5 Vari tipi di sviluppo industriale
2.6 I piazzamenti
3 Controllo Qualità
3.1 Collocazione del controllo qualità nel processo produttivo
3.2 Cos'è il controllo qualità
3.3 Quali sono i tipi di controllo da eseguire
3.4 Formax per il controllo qualità
3.5 Procedura di controllo
4 La teoria delle Conformazioni Antropometriche
4.1 Il Metodo delle conformazioni antropometriche
4.2 Gli strumenti offerti dalla tecnologia
4.3 Modalità applicative: la teoria ed il processo industriale
4.4 L'abbigliamento programmato
4.5 I capi "su misura"
4.6 La vendita per corrispondenza e via internet
4.7 La comunicazione
4.8 Le simulazioni e la virtualità
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Indice di crucialità

L’ultimo indicatore che si è costruito è un indice di crucialità. Alle imprese è stato cioè richiesto di indicare quali figure professionali - massimo 3 - l’impresa ritenesse necessarie per il funzionamento ottimale dell’azienda. Si sono quindi ponderate le risposte con il numero di imprese intervistate appartenenti ai settori in cui quelle figure professionali sono, o è plausibile siano, impiegate. Ancora una volta abbiamo trovato che la classe di figure cruciale per le imprese del sistema moda è la 6.5.4; seguita a grande distanza dalla 7.2.6.
Rispondono 47 imprese; 39 indicano una sola figura professionale; cinque indicandone 2; tre indicandone 3.

15 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2; un’altra tre.
Si può comunque notare una presenza maggiore nelle prime posizioni di figure di tecnici intermedi, che può indicare una aspirazione al cambiamento o al miglioramento delle caratteristiche strutturali della forza lavoro impiegata nell’impresa. (Rispondono 47 imprese su 68).

Tabella 68. Indice di crucialità per le imprese toscane del campione lavoro (ISTAT 3 cifre)

Fonte: elaborazioni Ciriec.

* Rispondono 47 imprese su 68

10 imprese indicano come cruciale almeno una figura elementare di quella classe; una impresa ne indica 2; un’altra tre.

Tabella 69. Figure professionali cruciali disaggregate (ISTAT 3 cifre) per le imprese toscane del campione lavoro

Fonte: elaborazioni Ciriec.





Il fabbisogno formativo

La necessità di riqualificare il personale interno alle imprese è un tema che investe in maniera diretta le politiche pubbliche della formazione. Essa dovrebbe avere una particolare importanza in una struttura industriale dove il limitato turn-over impedisce di disporre di personale nuovo con nuove competenze. Una parte del questionario è rivolta proprio all’indagine della domanda di formazione continua da parte delle imprese.

Soltanto il 21% delle imprese intervistate ha attivato corsi di riqualificazione nel passato; mentre il 32% prevedono di attivarne in futuro. Se si somma questo dato al fatto che tutte le imprese hanno inserito i nuovi assunti direttamente sul lavoro risulta lo scarso interesse delle imprese del sistema moda per la riqualificazione del personale attraverso strumenti diversi dal training sul lavoro.

Tabella 70. Il ricorso e la previsione di corsi di riqualificazione per le imprese toscane del campione lavoro


Fonte: elaborazioni Ciriec.

Nella tabella 71 si considerano le figure professionali per le quali le imprese hanno proceduto o prevedono di procedere alla riqualificazione.

Si dovrebbe capire se questa crescita è dovuta all’effetto intervista, esplicitamente presentata come volta alla programmazione delle politiche pubbliche della formazione, o a una reale necessità e volontà di attivare corsi di formazione.

Si aggiunga che una sola impresa su 15 che prevedono assunzioni farà svolgere corsi di qualificazioni ai nuovi assunti. Il dato può però essere spiegato considerando che ben 13 imprese dichiarano che richiederanno ai nuovi assunti precedenti esperienze lavorative perché ciò diminuisce i costi e i tempi di apprendimento; e perché nella sostanza si desidera introdurre personale che abbia già esperienze lavorative di settore.

Tabella 71. Corsi di riqualificazione svolti e previsti per figure professionali dalle imprese toscane del campione lavoro

Fonte: elaborazioni Ciriec.

Le figure interessate alle procedure di riqualificazione appartengono principalmente alla classe degli impiegati, ma sono stati svolti corsi anche per quanto riguarda le figure professionali critiche individuate nel capitolo precedente: 7.2.6, 6.5.4 e 6.5.3. Dato che la quota di addetti classificati in queste classi è molto elevata si può ritenere che in valori assoluti la domanda di riqualificazione per questo tipo di figure sia la più importante.

I corsi previsti riguardano per la maggior parte la classe 6.5.4: alla percezione della difficoltà di reperire e alla crucialità di queste figure professionali corrisponde dunque la programmazione di interventi di formazione. Ma anche la classe 6.5.3. sarà interessata da riqualificazione in misura maggiore che nel passato.

Da notare infine il 32% dei corsi riguarderanno figure tecniche intermedie per le quali nel passato non si era mai ricorso a riqualificazione. Questo può indicare alcune modificazioni dei processi produttivi all’interno dell’azienda che richiedono aggiornamento, e che andranno indagati più a fondo nel prosieguo della ricerca.

I dati relativi alla classe 4.1 (impiegati di ufficio) indicano che per queste figure professionali, per le quali non sono previsti un numero rilevante di assunzioni né difficoltà di reperimento, le imprese hanno dovuto procedere e sembrano intenzionate a continuare la riqualificazione dei propri dipendenti. Come emerge dalle informazioni qualitative, questi interventi derivano per lo più dall’introduzione di nuove tecnologie informatiche nei servizi amministrativi in senso lato.

Vale infine la pena notare che i corsi di riqualificazione sono legati ad esigenze operative immediate delle imprese, spesso derivanti da modificazioni del contesto legislativo. E’ il caso dei corsi per la sicurezza attivati dopo l'introduzione della legge 626 del 1994 che ha fatto nascere presso le imprese l’esigenza degli addetti alla sicurezza. Analoghe esigenze sono manifestate anche riguardo alle norme UNI 29000 e ISO 9000 per il controllo di qualità del processo produttivo o per le nuove problematiche relative alla certificazione ambientale del prodotto o del processo produttivo.

Se si passa a considerare le modalità concrete con le quali sono stati attivati e si prevede saranno attivati i corsi di riqualificazione (tabella 72) si può notare che non esiste una preferenza esplicita per l’organizzazione interna o esterna dei corsi, anche se quelli previsti vedono una crescita della quota di quelli organizzati internamente.

Tabella 72. Modalità di attivazione dei corsi di riqualificazione nelle imprese toscane del campione lavoro


Fonte: elaborazioni Ciriec.

Consideriamo adesso l’organizzazione di tali corsi. Come si può notare nella tabella 73, i dati riferiti alle modalità di organizzazione dei corsi già svolti e quelli riferiti ai corsi previsti differiscono soprattutto per quanto riguarda la diminuzione del personale interno e l’aumento di quello esterno. Un segnale che può essere valutato positivamente: l’apporto di competenze diverse da quelle interne all’impresa può risultare interessante per imprese medio piccole come quelle del sistema moda toscano.

Tabella 73. L’organizzazione dei corsi di riqualificazione nelle imprese toscane del campione lavoro


Fonte: elaborazioni Ciriec.

L’identificazione delle competenze che le imprese richiedono ai nuovi assunti è uno degli obiettivi di questa indagine e il questionario conteneva alcune domande volte ad accertare se vi fossero delle capacità di base che le imprese consideravano di importanza centrale.

La domanda F1 richiedeva di indicare un voto da 1 a 10 per alcune capacità di base. Come mostra la tabella 74 sono valutate con punteggi mediamente più alti nell’ordine (i) la capacità di utilizzare software standard; (ii) le capacità relazionali e comunicative, legate essenzialmente al lavoro di gruppo; (iii) le conoscenze linguistiche.

Tabella 74. Le capacità di base richieste dalle imprese toscane del campione lavoro (media del voto da 1 a10)


Fonte: elaborazioni Ciriec.

Una indicazione debole, che consente di capire meglio quali sono le richieste da parte delle imprese, si ha all’interno delle competenze informatiche. Vi è infatti una forte prevalenza di richiesta di conoscenze nell’utilizzo di software standard cioè quei programmi di base che sono largamente diffusi a tutti i livelli. Una domanda minore vi è invece per conoscenze più specialistiche, come quelle proprie dei programmatori o degli esperti di hardware, e conoscenze telematiche.

Il sistema moda lombardo

Di seguito sono esposti i risultati emersi dalle interviste effettuate a imprese appartenenti al sistema moda lombardo e ad alcuni testimoni privilegiati. E’ opportuno precisare che l’analisi effettuata in Lombardia risulta complementare e strumentale a quella svolta in Toscana ed è esclusivamente finalizzata ad evidenziare eventuali differenze ed i rapporti di competizione o collaborazione tra i due sistemi regionali.

I campioni di indagine

Il campione di imprese utilizzato per l’analisi dei fattori di competitività ha una distribuzione abbastanza omogenea per classe dimensionale. A differenza di quanto avviene nel campione toscano, anche in riferimento alla diversa composizione del sistema industriale locale, la quota di imprese di grande dimensione è abbastanza elevata. Risultano inoltre corrispondentemente maggiori che nel campione toscano anche la quota di imprese con fatturato annuo superiore ai 10 miliardi di lire e la presenza di società di capitali.

Nonostante ciò, risulta più contenuta che in Toscana la quota di aziende che producono anche o esclusivamente in conto proprio (tale quota, nel caso toscano, era pari al 92% e qui si attesta, invece, poco al di sopra dell’80%). Nel caso lombardo come vedremo meglio in seguito, il contoterzismo non sembra una scelta produttiva e organizzativa collegata solo alla piccola dimensione di impresa

A livello complessivo si rileva, inoltre, una maggiore incidenza (61,6% in Lombardia contro il 56% in Toscana) delle imprese con prodotti interamente personalizzati. Il dato aggregato sembra derivare, in particolare, da una minore propensione alla standardizzazione dei prodotti che si rileva, in Lombardia, nei settori della pelletteria e delle calzature (tabella 75).

Tabella 75. Imprese lombarde del campione competitività per quote di produzione standardizzata e settore (%)


Fonte: elaborazioni Ciriec.

Nei paragrafi che seguono saranno dettagliatamente analizzati i rapporti che le imprese intervistate intrattengono con i propri sub-fornitori di fase e con i propri fornitori di materie prime e semilavorati. Ciò nell’intento di verificare la rilevanza che in Lombardia hanno assunto l’impresa a rete e, più in generale, l’esistenza di rapporti collaborativi tra imprese. L’argomento è stato oggetto di attenta analisi anche nel caso toscano perché il tipo di relazioni che si stabiliscono tra le imprese di un determinato sistema produttivo può concorrere in modo decisivo a determinarne la capacità competitiva. In Lombardia la presenza di rapporti di collaborazione formalizzati è maggiore rispetto a quanto rilevato in Toscana: il 15,4% delle imprese intervistate risulta appartenere ad un gruppo (6% in Toscana) ed il 30,8% delle stesse imprese prevede di stipulare accordi commerciali o proprietari con partner italiani (10% in Toscana). A livello generale, quindi, considerata la più elevata incidenza di imprese che producono in conto terzi, di quelle appartenenti ad un gruppo e di quelle che prevedono di stipulare accordi commerciali o proprietari, il sistema moda lombardo sembra più proiettato di quello toscano verso forme di collaborazione e integrazione che vanno ritenute mediamente più complesse e articolate.

L’analisi della domanda di lavoro in Lombardia è avvenuta su un gruppo di 41 imprese scelte sulla base di criteri qualitativi e delle indicazioni dei testimoni privilegiati. Il gruppo è composto da imprese la cui conformazione societaria è consolidata, con la prevalenza di società per azioni e società a responsabilità limitata che rappresentano circa il 56% delle imprese intervistate. L’età media delle imprese intervistate è più alta -31 anni- di quella rilevata nel campione toscano. La dimensione media è di 50,7 addetti contro gli 8,5 della media regionale (Censimento 1991). Il gruppo di imprese è però composto da due sottogruppi: il primo è composto da 18 imprese mediamente più grandi della media (107 addetti); il secondo da imprese piccole e piccolissime (6 addetti). Il fatturato medio del 1996 è stato di 23,810 miliardi; esso risulta a prezzi correnti in (+3%) rispetto al fatturato medio del 1995, ed previsto sostanzialmente stabile per il 1997.

Le risposte al questionario sembrano indicare imprese in fase di innovazione meno marcata rispetto a quella Toscana. Il 32,5% delle imprese intervistate ha dichiarato di aver introdotto nel corso degli ultimi due anni innovazioni di processo e di prodotto; il 12,5% solo di prodotto; il 10% solo di processo. In complesso le imprese che non hanno modificato né prodotto né processo rappresentano il 45% del campione. Le spese in R&S rappresentano però nel 1996 0,4% del fatturato; ed il 78% delle imprese ha dichiarato di non avere speso alcunché per R&S. Meno diffuse le modificazioni organizzative, attuate dal 14,3% delle imprese.

Organizzazione del processo produttivo

L’analisi dell’organizzazione del processo produttivo è stata svolta con la stessa tecnica di indagine illustrata per la Toscana.

Modelli di impresa

Anche per la Lombardia si è tentato di articolare il rapporto tra capofila e subfornitrici secondo lo schema applicato al caso toscano. Osservando le quote di produzione si nota che tra le imprese intervistate le capofila producono in media per il 97,4% in conto proprio; le subfornitrici producono in media per il 94% in conto terzi ed il 70% lavora esclusivamente in conto-terzi. Non sembra quindi essere diffusa la tipologia di impresa mista (modello 5) che divide la propria attività tra produzione in conto proprio e produzione in conto terzi che si è vista occupare una posizione importante in Toscana.

In particolare le imprese intervistate sono risultate per il 75,6% capofila, per il 22,0% subfornitrici di primo livello, e per il 2,4% subfornitrici di secondo livello.

Tabella 76. Posizionamento delle imprese lombarde del campione lavoro nel comparto


Fonte: elaborazioni Ciriec.

Tra le imprese capofila il 71,0% si rivolge a ditte subfornitrici per quanto riguarda una o più fasi della produzione; ed anche l’88,9% delle imprese subfornitrici ha a sua volta subfornitori di fase. Sembra dunque che le imprese del sistema moda in Lombardia siano strutturate su più livelli di subfornitura più accentuatamente che in Toscana.

Anche per la Lombardia si è utilizzata la descrizione del ciclo produttivo e l’indicazione precisa delle fasi svolte internamente ed esternamente per tentare di classificare le imprese sulla base della tipologia messa a punto per la Toscana. Dall’analisi delle risposte è emersa una nuova configurazione di impresa in conto terzi – modello 6 - che svolge tutte le fasi del ciclo produttivo, o che svolge almeno le fasi più complesse di tale ciclo (disegno, progettazione, campionatura, controllo qualità), quelle che in Toscana erano normalmente riservate alle capofila.

Tabella 77. Distribuzione delle imprese lombarde del campione lavoro per modello e settore


Fonte: elaborazioni Ciriec.

Come si nota dalla tabella 77 tra le capofila lombarde sono prevalenti i modelli 2 e 3, mentre tra le subfornitrici i modelli 4 e 6: siamo di fronte cioè a capofila che svolgono all’interno tutte le fasi del ciclo, o che acquisiscono all’esterno il solo disegno; ed a subfonitrici che svolgono tutte le fasi o soltanto quelle produttive.

Il ricorso al decentramento produttivo costituisce un indubbio punto di forza del sistema moda perché la possibilità di ricorrere a sub-fornitori esterni consente alle imprese di fronteggiare meglio la variabilità della domanda. Non a caso, quindi, il 48% delle imprese del campione (contro il 30% in Toscana) dichiara di aver incrementato il proprio decentramento produttivo, e quasi il 40% del campione dichiara che lo incrementerà ulteriormente in futuro.

A differenza di quanto rilevato con riferimento al sistema moda toscano, tuttavia, nel caso lombardo assume particolare rilievo anche il decentramento a sub-fornitori localizzati al di fuori della propria area di insediamento e dei confini regionali. Quasi la metà delle imprese del campione ha infatti rapporti con sub-fornitori locali (tabella 78). A questi, però, vengono solitamente decentrate quote di produzione complessivamente contenute. Specularmente, invece, risultano altrettanto frequenti, ma generalmente più rilevanti dal punto di vista economico i rapporti di integrazione produttiva con sub-fornitori italiani e non mancano casi in cui il decentramento è effettuato esclusivamente verso sub-fornitori esteri.

Tabella 78. Localizzazione dei principali sub-fornitori lombardi del campione competitività* (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate)


Fonte: elaborazioni Ciriec.

* La domanda prevedeva risposte multiple

Va anche sottolineato che il tipo di decentramento produttivo rilevato nel caso in esame non è quasi mai (come pure in Toscana) formalizzato tramite contratti. Tuttavia, il tipo di rapporti tra imprese che ne deriva sembra meno governato, rispetto al caso toscano, da leggi di mercato e più ispirato a logiche collaborative. A conferma di ciò si noti che: (i) i rapporti sono stabili nel tempo e in 12 casi durano da ben oltre 10 anni; (ii) gli stessi rapporti vengono definiti dagli intervistati come “non problematici” (in oltre il 92% dei casi non esistono contenziosi); (iii) generalmente spetta all’impresa committente la responsabilità della progettazione; della scelta e dell’acquisto dei materiali e dei componenti; del controllo di qualità. Tuttavia, il ruolo della committente è meno preponderante di quanto rilevato in Toscana e non sono pochi i casi in cui le scelte più direttamente produttive vengono effettuate congiuntamente con l’impresa sub-fornitrice (tabella 79); (iv) il tipo di lavorazioni decentrate, fa presumere che il decentramento rilevato sia più di specialità che di capacità, ciò vale in particolare nel settore dell’abbigliamento dove contrariamente a quanto avviene in Toscana vengono affidate all’esterno anche le lavorazioni a più elevato valore aggiunto.

Tabella 79. Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni affidate a terzi delle imprese lombarde del campione competitività (%)


Fonte: elaborazioni Ciriec.

Le differenze rilevate nei rapporti con i propri sub-fornitori non sono tuttavia tali da ripercuotersi anche sui mezzi di comunicazione utilizzati che risultano sostanzialmente identici a quelli impiegati dalle imprese toscane (tabella 80).

Tabella 80. Mezzi di comunicazione con i sub-fornitori delle imprese lombarde del campione competitività (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate)


* La domanda prevedeva risposte multiple

L’immagine che deriva dalle interviste alle imprese subfornitrici non è diversa. E’ emerso infatti che i loro committenti, italiani ed esteri, sono per lo più costituiti da imprese di grande dimensione che impongono il rispetto di standard produttivi predefiniti, ma generalmente non offrono né consulenze tecnico-produttive né agevolazioni. Similmente a quanto rilevato nel caso toscano va infatti sottolineato che le commesse, in particolare quelle estere, sono presumibilmente dovute alla buona fama di cui godono le imprese del sistema moda locale. Si può però ritenere che le ragioni della fama siano diverse. Le imprese lombarde sembrano essere in grado più delle toscane di fornire prodotti completamente realizzati: non a caso spetta spesso alle imprese terziste la responsabilità della progettazione, della scelta e dell’acquisto dei materiali, dell’organizzazione della produzione (tabella 81).

Tabella 81. Responsabilità delle diverse scelte delle imprese lombarde del campione competitività nelle lavorazioni in conto terzi (%)


Fonte: elaborazioni Ciriec.


Da rilevare, infine, che i rapporti con le imprese committenti sono per lo più non formalizzati, ma comunque stabili nel tempo.

Ricerca e Monitoraggio