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Tabella 16. Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni affidate a terzi in Toscana nel campione competitività (%)
![]() Fonte: elaborazioni Ciriec. Il fatto che i rapporti tra imprese committenti e sub-fornitori siano di tipo prevalentemente tradizionale viene confermato, infine, anche dai mezzi di comunicazione adottati (tabella 17). Tabella 17. Mezzi di comunicazione con i sub-fornitori delle imprese toscane del campione competitività (% sul totale delle imprese non verticalmente integrate) * La domanda prevedeva risposte multiple La mancanza di accordi di collaborazione tra imprese committenti e sub-fornitori che emerge dai dati sembra confermare l’ipotesi di un mancato decollo, in Toscana, delle cosiddette imprese a rete. Ciò va imputato, a nostro avviso, ad una serie concomitante di fattori, in parte già richiamati, che riguardano: 1) il peso della media impresa nell’industria manifatturiera toscana, modesto in assoluto e relativamente ad altre aree italiane; 2) l’esistenza di bassi costi transazionali, determinati dalla scarsa specificità delle fasi decentrate e dall’elevato numero di imprese locali in grado di svolgerle. Ciò consente alle imprese committenti di poter comunque contare sulle sub-forniture di cui necessitano senza stipulare accordi stringenti con i propri sub-fornitori e senza, per questo, incorrere in elevati costi di ricerca di eventuali nuovi partners produttivi. E’ opportuno precisare, tuttavia, che su questo quadro di fondo, valido a livello generale, si innestano alcuni elementi di dinamismo nelle relazioni interaziendali che sono probabilmente destinati ad assumere in futuro una rilevanza maggiore, a causa della crescente concorrenzialità dei mercati e dell’elevata variabilità della domanda -con le conseguenti necessità di incrementare sia la flessibilità produttiva che la qualità dei prodotti-. Ci riferiamo, in particolare, ad alcuni casi, segnalati dai testimoni privilegiati intervistati, di accordi tecnico-produttivi tra imprese committenti e sub-fornitori, e alla nascita di nuove figure di conto terzisti, specializzati nella realizzazione di fasi ad elevato valore aggiunto. Gli accordi che ci sono stati segnalati riguardano, in particolare, il settore della maglieria dove l’integrazione verticale ha costi proibitivi per imprese di piccola dimensione, quali quelle toscane. Essere in grado di produrre, con tecnologie all’avanguardia, capi di tutte le finezze che il mercato può potenzialmente richiedere significa, infatti, dotarsi di macchinari per un investimento complessivo di almeno 3 miliardi di lire e correre il rischio che alcuni macchinari rimangano inattivi nei periodi in cui il mercato non richiede i capi della finezza che questi sono in grado di produrre. Le specifiche problematiche del comparto hanno quindi indotto alcune imprese a stipulare accordi con terzisti, specializzati su alcune finezze, in modo da garantirsi la possibilità di produrre una più ampia gamma di capi senza affrontare investimenti ritenuti troppo rischiosi e assicurando specularmente al terzista determinati livelli di produzione. Per quanto concerne invece la nascita di nuove figure di contoterzisti, va segnalata l’esistenza, in Toscana, di alcune imprese di recente costituzione, specializzate nello sviluppo di modelli e taglie tramite tecnologie CAD, in grado di fornire ai propri clienti il prodotto richiesto sia su carta che, eventualmente, su supporto magnetico. Il dato ci sembra particolarmente rilevante per due ordini di considerazioni. (i) dai risultati dell’analisi emerge che la metà delle imprese dell’abbigliamento intervistate decentra totalmente la fase di sviluppo dei modelli e delle taglie. Conseguentemente, l’innovazione tecnologica di questa fase del processo produttivo può essere un buon canale attraverso cui contribuire a introdurre innovazioni di processo e di prodotto in tutto il comparto delle confezioni; (ii) la nascita di terzisti altamente specializzati può stimolare lo sviluppo di relazioni inter-aziendali basate su rapporti di collaborazione e, per questa via, incentivare la riqualificazione del tessuto produttivo locale. Tra le imprese subfornitrici è relativamente contenuta (20%) la quota di imprese terziste che lavora per imprese localizzate al di fuori della regione, italiane o estere. E’ noto, invece, che è frequente il caso di imprese italiane -si pensi, per esempio, alla Stefanel, alla Valleverde, ecc.) che decentrano quasi interamente la propria produzione a terzisti toscani, e il caso di Department Stores o Catene Distributive straniere che commissionano a imprese toscane la realizzazione di prodotti da commercializzare sui mercati esteri. Il fenomeno si giustifica alla luce di considerazioni di carattere storico, nel senso che costituisce una sorta di naturale prosecuzione dell’esperienza dei buyers -che si è gradualmente ridimensionata con il crescere del costo del lavoro in Italia-; e tecnico-produttivo perché le imprese del sistema moda toscano garantiscono le necessarie competenze produttive e un’elevatissima capacità di adeguarsi alle aspettative/richieste dei clienti. La ricostruzione offerta dai terzisti dei loro rapporti tra imprese terziste con le imprese committenti italiane o estere diverge rispetto alla ricostruzione offerta dalle capofila. Secondo i terzisti tali rapporti risultano ispirati ad una logica di collaborazione: nel 30-40% dei casi, infatti, le decisioni concernenti la progettazione dei prodotti, la scelta e l’acquisto dei materiali, la produzione e il controllo di qualità vengono assunte congiuntamente. Rispetto a questa ricostruzione si può ancora notare una tendenza al frazionamento della clientela - il maggiore cliente assorbe in media il 42,5% del fatturato; i primi cinque circa il 66% - derivata dalla necessità di ridurre il rischio connesso a variazioni improvvise di ordini. Considerazione che contrasta in qualche misura con la logica collaborativa dichiarata dalle imprese. Tabella 18. Responsabilità delle diverse scelte nelle lavorazioni in conto terzi in Toscana del comparto competitività (%)
Nonostante non siano generalmente formalizzati, i rapporti sono consolidati nel tempo e producono indubbi benefici per le imprese terziste locali in quanto i committenti, per lo più imprese di media o grande dimensione, impongono spesso il rispetto di standard produttivi pre-definiti, nonché l’impiego di macchinari ad elevato progresso tecnico incorporato e quindi contribuiscono a sollecitare la qualificazione del sistema produttivo locale. La domanda di servizi alla produzione L’analisi del ricorso a servizi esterni da parte delle imprese è utile da due punti di vista diversi: (i) serve a ricostruire l’organizzazione produttiva delle imprese e, per questa via, dà indicazioni importanti sui loro fattori di competitività; (ii) serve a inferire la dimensione della domanda di lavoro indotta di un’impresa: nel caso in cui faccia ampio ricorso all’esternalizzazione di funzioni e acquisisca servizi all’esterno si può ritenere che l’impresa dia luogo ad una domanda di lavoro indotta che si concretizza attraverso la domanda di lavoro espressa dal sistema di subfornitura e dai centri di servizio esterni. Il 74,6% delle imprese intervistate ha dichiarato di far ricorso a servizi esterni per una o più funzioni aziendali: il 24% delle imprese che ricorrono a servizi esterni vi ricorre per una sola funzione; il 36% per due; il 20% per tre. Nella tabella 19 si indicano le aree funzionali relativamente alle quali le imprese preferiscono ricorrere a servizi esterni e si confrontano le imprese del sistema moda con le manifatturiere toscane (ORML-Ciriec 1996a). Tabella 19. Ricorso a servizi esterni per area funzionale nelle imprese toscane del campione lavoro (%) Il risultato più interessante è che il ricorso a servizi esterni sembra nel complesso meno generalizzato che nelle imprese manifatturiere toscane. Due dati sintetici che danno indicazioni in questo senso sono: per 9 aree funzionali su 13 la quota di imprese che ricorrono all’esterno è più alta per le manifatturiere toscane che per le imprese del sistema moda; la quota media di imprese che ricorrono a servizi esterni è maggiore per le imprese manifatturiere che per quelle del sistema moda. I dati sembrano indicare una minore propensione ad esternalizzare delle capofila rispetto alle subfornitrici. Non ricorrono a centri di servizio o produzione esterni il 27,9% delle capofila contro il 20,0% delle subfornitrici; inoltre il ricorso medio a servizi esterni è di circa due punti percentuali inferiore tra le subfornitrici che tra le capofila. Le imprese subfornitrici tendono a esternalizzare le funzioni amministrative in misura maggiore rispetto alle capofila, ma hanno minore propensione a far svolgere all’esterno fasi produttive. Le modalità del ricorso a servizi esterni sembrano consolidate: il 62% delle imprese intervistate ritiene di non avere modificato nel corso del 1996 il ricorso a servizi esterni; il 32% ritiene di averlo aumentato, mentre il restante 6% dichiara di averlo diminuito. Dall’analisi delle motivazioni che hanno portato le imprese a variare o meno il ricorso a servizi esterni nel corso del 1996 emerge che l’esternalizzazione è legata principalmente alle modificazioni del volume del fatturato: all’aumento/invarianza/diminuzione del fatturato corrisponde l’aumento/invarianza/diminuzione del ricorso a prestazioni esterne. L’11,7% delle imprese che hanno aumentato il ricorso a servizi esterni attribuiscono tale scelta alla ricerca di una maggiore flessibilità; è infine da notare che per il 6% delle imprese l’invarianza del ricorso a prestazioni esterne ha significato un aumento delle lavorazioni interne. Come si è già visto è netta la prevalenza della dimensione locale e provinciale per il reperimento dei servizi esterni in quasi tutte le aree funzionali, anche nel caso dei servizi più qualificati. Ciò può significare che le aree di localizzazione delle stesse imprese non evidenziano in questo senso deficit funzionali. Fanno eccezione alcuni servizi più innovativi - il cui utilizzo è comunque complessivamente contenuto - come le risorse umane, la pubblicità e la promozione, le ricerche di mercato per i quali ci si rivolge prevalentemente a società non regionali; ed i servizi di vendita e post-vendita per i quali presumibilmente ci si avvale di strutture localizzate nei mercati di sbocco. Dai dati precedenti si ha la netta impressione di trovarsi di fronte a un sistema stabile e consolidato di collaborazioni e prestazioni esterne, che non sembra aver conosciuto modificazioni sostanziali nel corso del 1996, e che si può prevedere resterà immutato nel medio periodo. E’ perciò plausibile ritenere che le imprese del sistema moda sostituiscano forza lavoro interna con centri di servizio/produzione esterni soprattutto per quanto riguarda servizi amministrativi, finanziari e di gestione; gli altri servizi (mensa, etc.), il sistema informativo e la progettazione. Dal punto di vista dell’analisi della domanda di lavoro e del fabbisogno professionale questo ha due conseguenze rilevanti: (i) la domanda di lavoro espressa dalle imprese sottostima l’effettiva necessità di personale di quelle imprese, che dovrebbe essere colta considerando anche la domanda di lavoro indotta da quelle imprese nelle società fornitrici di servizi; (ii) il fabbisogno professionale espresso direttamente dalle imprese del sistema moda tende a polarizzarsi su figure legate essenzialmente alle fasi produttive, come vedremo più avanti. L’approvvigionamento di materie prime Per l’approvvigionamento di materie prime, tutte le imprese intervistate si rivolgono anche o esclusivamente a fornitori localizzati all’esterno della regione (in altre aree d’Italia o all’estero, tabella 20-24). Tabella 20. Localizzazione dei principali fornitori di materie prime delle imprese toscane del campione competitività* Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 21. Quote di materie prime acquistate nel distretto dalle imprese toscane del campione competitività (%) Fonte: elaborazioni Ciriec. Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 23. Quote di materie prime acquistate in Italia dalle imprese toscane del campione competitività (%) Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 24. Quote di materie prime acquistate all’estero dalle imprese toscane del campione competitività (%) Fonte: elaborazioni Ciriec. Il dato, nonostante l’esiguità del campione analizzato, induce qualche perplessità circa l’esistenza di economie di localizzazione e vantaggi competitivi dovuti alla vicinanza fisica delle imprese del sistema moda che producono beni di consumo con quelle a monte della filiera produttiva (tessili e conciarie). Una interazione sinergica tra produttori ed utilizzatori di materie prime sembra in particolare ostacolata prevalentemente da fattori di prezzo (nel caso delle pelletterie per le quali risulta più conveniente acquistare i propri inputs produttivi a Solofra o comunque nel Sud d’Italia) e di qualità (nel caso delle imprese dell’abbigliamento che producono per fasce di mercato medio-alte e che per questo necessitano di materie prime di qualità più elevata di quelle generalmente prodotte a Prato e si rivolgono preferibilmente a fornitori del nord Italia). Va sottolineato infine che la lontananza dei fornitori di materie prime e il tipo di rapporti prevalenti con i sub-fornitori di fase si traduce in un costo elevato per le imprese, inducendole a consistenti immobilizzazioni in scorte di magazzino. Il 64% delle imprese, infatti, tiene mediamente in magazzino scorte sufficienti a garantire più di un mese di produzione e solo 3 aziende operano in una logica prossima a quella del just in time. Innovazioni di prodotto e di processo Dai dati analizzati emergerebbe un elemento positivo in merito agli investimenti del campione in attività di ricerca e sviluppo. Come noto, infatti, le PMI italiane mostrano generalmente una bassa propensione ad investire in attività autonome di ricerca. Secondo dati ISTAT (1995), la quota sul fatturato delle spese in R&S si attestava, in Italia, nel 1992, sullo 0,15% nel caso delle imprese specializzate nella produzione di capi di vestiario e sullo 0,29% nel caso del cuoio e delle calzature . Con riferimento al campione analizzato (tabella 25), invece, si rileva un investimento in attività di ricerca pari a 7,51 miliardi di lire nel triennio 1994-96, il che equivale a un’incidenza sul fatturato complessivo del campione orientativamente pari, su base annua, allo 0,6%. Tabella 25. Investimenti in R&S delle imprese toscane del campione competitività*
* La domanda prevedeva risposte multiple Il dato rilevato ci pare positivo soprattutto tenendo conto della distribuzione dimensionale delle imprese del campione, fortemente sbilanciata verso le classi di addetti minori . Evidentemente, la concorrenza dei Paesi a basso costo del lavoro sta quindi incentivando un consistente sforzo innovativo, orientato sia verso lo sviluppo di nuovi modelli/disegni che verso la ricerca di nuovi materiali, che coinvolge anche le imprese medio-piccole. Questa ipotesi è confermata dalla quasi totalità dei testimoni contattati nel corso della ricerca. Resta da verificare, ma purtroppo non esistono dati ufficiali sufficientemente aggiornati, se, alla propensione ad introdurre innovazioni di prodotto si stia affiancando una ripresa dell’attività di investimento in macchinari che, come già illustrato, è stata abbastanza contenuta in tutti gli anni ‘80 e che invece costituisce il canale principale attraverso cui le PMI solitamente introducono innovazioni. I dati rilevati, non consentono di esprimere giudizi in merito. Emerge, infatti, che l’investimento medio realizzato dalle imprese del comparto moda ammonta, nel triennio 1994-96, a circa 335 milioni di lire. Nel caso in cui gli investimenti si fossero equamente distribuiti sull’intero triennio, ciò equivarrebbe ad un investimento medio-annuo di poco superiore ai 110 milioni (tabella 26). L’unico dato ufficiale con cui confrontare i nostri risultati risale, però, al 1991, anno in cui l’investimento medio per impresa nel sistema moda italiano si attestava sui 50 milioni di lire (correnti). Tabella 26. Investimenti delle imprese toscane del campione competitività* E’ opportuno sottolineare che, tra le imprese innovative del campione competitività, rientrano anche un’impresa con oltre 200 addetti e 2 aziende con circa 50 dipendenti. Le restanti 10 imprese, tuttavia, hanno una dimensione occupazionale compresa tra i 20 e i 30 addetti.
*La domanda prevedeva risposte multiple Sempre con riferimento all’attività di investimento in macchinari, dall’analisi, emergono comunque alcuni elementi indubbiamente positivi. Nello specifico, va rilevato che: a) la produttività del lavoro è aumentata, nel corso degli ultimi 3 anni, nel 38% dei casi (tabella 27), segno evidente che almeno un terzo delle imprese ha introdotto macchinari più efficienti; b) circa il 20% delle imprese intervistate ritiene che la produttività del lavoro crescerà ulteriormente nel prossimo triennio (tabella 28). Imprese toscane del campione competitività per andamento della produttività ultimo triennio e settore (%) Fonte: elaborazioni Ciriec. Tabella 28. Imprese toscane del campione competitività per andamento previsto della produttività prossimo triennio e settore (%) Fonte: elaborazioni Ciriec. Inoltre, il 34% delle imprese del campione si rivolge esclusivamente a fornitori di macchinari esterni alla regione, italiani o esteri, e il ricorso a fornitori extra-regionali è particolarmente spinto nel comparto della maglieria (per il quale la leadership tecnologica è detenuta da imprese tedesche e svizzere). Specularmente, tuttavia, oltre il 60% delle imprese ha rapporti con fornitori localizzati in ambito regionale (tabella 29) e ciò consente una discreta interazione tra utilizzatori e produttori di macchinari. I fornitori costituiscono, ad esempio, un imprescindibile canale informativo relativamente alle tecnologie disponibili (tabella 30); il rapporto prevalente tra fornitori ed utilizzatori è quello puramente commerciale, ma il 30% delle imprese chiede modifiche ai macchinari che acquista, in alcuni casi anche rilevanti, e ciò fa sì che l’interazione si traduca nella possibilità di introdurre innovazioni firm-specific (tabella 31). Tabella 29. Localizzazione dei principali fornitori di macchinari delle imprese toscane del campione competitività * (%) *La domanda prevedeva risposte multiple. La media delle risposte è 3. Tabella 30. Fonti di informazione sulle tecnologie produttive per imprese toscane del campione competitività (%) Fonte: elaborazioni Ciriec. * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 31. Rapporti con i fornitori di macchinari per imprese toscane del campione competitività (%)
* La domanda prevedeva risposte multiple. Il peso del sistema moda toscano rispetto a quello italiano si è ridotto, negli ultimi 10 anni, anche in termini di quote di esportazioni (tabella 32). Per quanto riguarda il campione competitività soltanto 4 imprese del campione non esportano (tabella 33); nel 1996, il valore complessivo delle esportazioni del campione è stato di 192,651 miliardi di lire, pari al 52% del fatturato prodotto dalle imprese intervistate. La maggiore propensione all’export si rileva nel caso delle pelletterie (88% del fatturato complessivo) e delle calzature (77%), per le quali i principali mercati esteri di sbocco, tenendo conto del valore delle esportazioni del 1996, sono rispettivamente rappresentati dal Giappone (10,8 miliardi di lire) e dalla Germania (22, 8 miliardi) e, tenendo conto del numero di imprese che vi operano, dalla Germania e dagli USA. Per inciso rileviamo che l’elevata propensione all’export della pelletteria va anche imputata, contrariamente a quanto avviene nel caso delle calzature, a dinamiche recenti: tra il 1994 ed il 1996, infatti, si è registrato un incremento delle esportazioni in oltre il 40% delle imprese del settore analizzate. Va sottolineato, inoltre, che Germania, USA e Giappone costituiscono i principali mercati di sbocco per tutti i comparti analizzati e, rispettivamente, il 14%, il 20% e l’8% delle imprese ritengono che questi siano ancora i mercati che offrono le maggiori opportunità di sviluppo al sistema moda toscano. Non mancano però casi di imprese che mettono in evidenza, con riferimento agli stessi mercati, l’esistenza di problemi che ostacolano l’espansione delle vendite. I problemi più rilevanti riguardano la contrazione della domanda di consumi (soprattutto in Germania); la concorrenza di imprese europee, nel caso dell’abbigliamento, e di imprese localizzate in paesi a più basso costo del lavoro, nel caso di tutti gli altri comparti. A quest’ultimo proposito, è bene ricordare che la produzione delle imprese analizzate si colloca, sia sul mercato interno che su quelli esteri, su fasce di mercato prevalentemente medie o medio-alte (tabella 34-35). Tabella 32. Esportazioni del sistema moda toscano e rapporto con totale esportazioni Italia
Tabella 35. Imprese toscane del campione competitività per fascia di mercato (mercato estero) (%) I testimoni contattati affermano però che la buona qualità dei prodotti non è di per sé sufficiente a vincere la concorrenza di prezzo: sui mercati esteri, la domanda, si sta orientando sempre più verso prodotti a basso prezzo o verso prodotti firmati, e si sta quindi riducendo lo spazio competitivo dei prodotti qualitativamente migliori di quelli realizzati dai Paesi in via di sviluppo, ma non targati con un marchio famoso. In virtù di ciò, i Paesi del Sud Est Asiatico, ma anche Paesi emergenti del bacino del mediterraneo (Tunisia, Turchia, Marocco) e i Paesi dell’Est, vengono considerati concorrenti temibili sui mercati esteri. Su quello interno, che il 32% delle imprese individua come il mercato più difficile da conquistare, invece, la concorrenza proviene prevalentemente dalle grandi imprese e da imprese localizzate nelle regioni che in Italia presentano i maggiori tassi di specializzazione nel sistema moda, nonché ovviamente da altre imprese toscane (tabella 36 e 37). Tabella 36. Principali concorrenti delle imprese toscane del campione competitività sui mercati esteri* (%) * La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 37. Principali concorrenti delle imprese toscane del campione competitività sui mercati nazionali* (%)
* La domanda prevedeva risposte multiple Un’ultima considerazione va fatta, infine, relativamente ai canali distributivi utilizzati per le vendite sul mercato interno e su quelli esteri (tabella 38 e 39).
* La domanda prevedeva risposte multiple Tabella 39. Canali distributivi utilizzati dalle imprese toscane del campione competitività sui mercati esteri* (%)
* La domanda prevedeva risposte multiple In Italia, il canale distributivo prevalente è quello dei negozi indipendenti che del resto costituiscono il canale prioritario anche per le vendite all’estero (nel 1996, il 43% dell’export è stato realizzato tramite vendite a negozi). Il processo in atto di frammentazione delle vendite, messo in luce dai testimoni contattati e confermato dai risultati dell’analisi, impone, evidentemente un grosso sforzo organizzativo e commerciale ad imprese di piccola dimensione, quali quelle del campione analizzato che per lo più ricorrono ad agenti e rappresentanti plurimandatari e comunque mostrano, sia in Italia che all’estero, un grado di dipendenza dai primi 5 clienti relativamente contenuto (considerata, appunto, la loro ridotta dimensione occupazionale). |
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